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Riportiamo in questo articolo l’esperienza di dialogo e aiuto concreto fatta da alcuni giovani di Modena. Ce ne parlano Andrea e Luca:

“Da qualche tempo sentivamo con i Gen l’esigenza, oltre al trovarci tra di noi, di compiere qualcosa che portasse ad un vero cambiamento nella nostra città; sentivamo la necessità di andare fuori a conoscere nuove realtà per cui metterci a disposizione “sporcandoci” le mani.


Quasi per caso è stata avanzata la proposta di andare ad ascoltare la presentazione di una volontaria dell’associazione Papa Giovanni XXIII che da molti anni presta servizio per aiutare le ragazze vittime della prostituzione.


Siamo subito stati attratti dal dono gratuito di questa esperienza della Papa Giovanni e abbiamo deciso di provare a lanciarci in questa avventura dando il nostro contributo, poiché risuonavano forti in noi le parole “Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete?” (Lc 6,32).
Certo, sulle prime eravamo un po’ titubanti, era la prima esperienza del genere per noi e anche la barriera linguistica (le ragazze sono per lo più nigeriane) ci bloccava.
Volevamo però provare a condividere un pezzetto di strada insieme a queste nostre sorelle.
La prima cosa di cui ci siamo “accorti” sono state proprio loro, le ragazze. Sembra banale, ma troppo spesso risultano presenze a cui ormai abbiamo fatto l’abitudine, a cui non diamo importanza. Ci passiamo davanti e basta.
Ma fermarsi, interagire con loro, dare loro un nome, tornare a renderle umane… è un’altra cosa. Abbiamo ascoltato le loro storie, i loro sogni, ognuna di loro ha una casa, una famiglia che la attende; ragazze dolci, addirittura timide, allegre e scanzonate, ma anche incredibilmente tristi, con gli occhi spenti e lo sguardo assente.
La differenza sta tutta qua: nel farle sentire nuovamente persone. E per loro questo è molto importante, avere qualcuno che chieda loro “Come stai?” e non “Quanto costi?”.
Ma una cosa è conquistare qualche minuto con loro, tutt’altra storia è conquistare il loro cuore. Ci siamo accorti che per sopravvivere hanno dovuto nasconderlo sotto strati di mascara e di cerone, sotto una coltre di “non valgo niente” e di “me lo merito”.
C’è ancora tanto da fare: i nostri politici sembrano indifferenti, preoccupati più a ripulire i centri storici, relegando il fenomeno nelle periferie. Storie e anime scartate dalla società, ma che Dio non dimentica attraverso le mani di volontari che da decine di anni continuano ad andare a bagnare le labbra assetate di giustizia di queste vittime.
L’obiettivo è quello di aiutare le ragazze a lasciare la strada, sostenendole per accedere ad un’istruzione adeguata, e aiutandole a sviluppare i propri talenti e le proprie passioni, attraverso i doni che Dio ha loro donato.
In questi 4 anni di servizio circa una decina di ragazze si sono affidate all’associazione Papa Giovanni XXIII e il 3 aprile scorso abbiamo festeggiato anche noi con loro il battesimo di una di loro.
Ci siamo interrogati su come rendere più incisivo il nostro operato, soprattutto nell’ultimo anno a causa delle condizioni imposte dal Covid, che ha portato il sistema stesso a mutarsi in una prostituzione indoor.
Ogni anno i componenti dell’unità di strada cambiano ad eccezione di un piccolo nucleo operativo. Non è chiaramente un’attività adatta a chiunque: è un incontro di lingue, culture e visioni diverse e non tutte le ragazze vogliono farsi aiutare. Con quale coraggio si persevera nell’attività quando i risultati sono pochi e diluiti nell’arco di anni? Il comune denominatore di chi ne fa esperienza è la comune sensazione di aver un cuore allargato verso queste sorelle nella difficoltà.
Quello che poi risulta decisivo per cambiare la società, nel nostro piccolo è parlarne, far vedere le cose per come sono e non per come vengono presentate e sensibilizzare le persone con la testimonianza, oltre a promuovere momenti di formazione o di condivisione.
Questa esperienza è solo un inizio e il lavoro da fare è tanto, difficile e a volte incomprensibile. Le poche ma significative vittorie danno senso ad un impegno costante e paziente: la parola di Dio prende vita proprio nell’atto cruciale e determinante dell’esercizio della Speranza operosa e incrollabile. Vogliamo continuare ad ascoltare le loro storie e a lottare per loro.”

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